ANFFAS si sente ed è una GRANDE FAMIGLIA che si ispira ai principi di solidarietà, rispetto, amicizia e, in termini di servizio, alla “PRESA IN CARICO” delle persone con disabilità intellettiva e relazionale tramite la elaborazione, l’implementazione e la verifica costante di “progetti di vita” individualizzati.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità attraverso l’ICF, ovvero il manuale di “Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità e Salute”, pone in primissimo piano e luce il tema cruciale della presa in carico globale della persona con problematiche “condizioni di salute”. Secondo l’ICF, ogni persona bisognosa di aiuto deve essere considerata comunque in chiave biopsicosociale: non solo sul piano anatomo-fisiologico, ma anche (e, per alcuni versi, soprattutto) sul piano “personale” e dei “fattori ambientali”.

Secondo il linguaggio ICF, DISABILITA’ significa essenzialmente LIMITAZIONE e RESTRIZIONE nella PARTECIPAZIONE, nel COINVOLGIMENTO e INCLUSIONE di una persona nelle varie attività e situazioni della vita quotidiana. Molto spesso una menomazione delle funzioni e/o strutture corporee diventa disabilità a causa di fattori ambientali negativi, costituenti vere e proprie barriere e ostacoli nella “performance” del proprio vivere quotidiano, dai “domini” di base tipo apprendimento e svolgimento di compiti e azioni elementari ai “domini” più impegnativi e complessi tipo scuola, lavoro, vita economica e sociale.

Quando si elabora un PROGETTO INDIVIDUALE, che sia di vita oppure di sei mesi soltanto, bisogna considerare e analizzare attentamente l’incidenza di ciò che il manuale ICF chiama “fattori ambientali”, quali i prodotti e le tecnologie di assistenza, le relazioni ed il sostegno sociale, gli atteggiamenti ed i pregiudizi, i servizi, i sistemi e le politiche. Quindi, la presa in carico globale significa presa in carico non solo delle menomazioni fisiche e delle oggettive limitazioni nello svolgimento ed esecuzione di un compito o azione; significa monitorare attentamente – uno ad uno – anche i “fattori ambientali”, sottolineando quelli che in quanto a valenza negativa (barriere) possono trasformare una menomazione e/o limitazione in vera e propria DISABILITA’, restringendo la PARTECIPAZIONE, il prendere parte, l’inserimento nelle quotidiane situazioni di vita, l’esserci nei vari “domini”.

La DISABILITA’ VERA si ha quando la “performance” (ovvero ciò che una persona fa nel suo ambiente attuale e reale) è compromessa e ristretta ancor più della oggettiva non abilità di eseguire un determinato compito o azione.

Ecco la grande lezione dell’ICF: bisogna prendere in carico la persona ed il suo intero ambiente familiare e contesto di vita.

Merito dell’ICF è saper dimostrare in maniera scientifica – usando un linguaggio internazionale codificato e comune a tutti gli operatori – che l’unica strada efficace è la presa in carico globale al fine di evitare la caduta nella DISABILITA’, progettando un percorso a rete di interventi e prestazioni finalizzate ad incrementare il livello di “performance”, svelando con sistematicità e chiarezza il grado di incidenza “ambientale”, agendo al fine di trasformare barriere e ostacoli in facilitatori.

Coinvolgimento utente/famiglia – condivisione

Ogni Struttura Associativa deve mirare alla specializzazione delle attività erogate (nel rispetto delle caratteristiche e dei bisogni individuali delle persone con disabilità intellettiva e relazionale e delle loro famiglie), alla definizione di specifiche procedure atte a valutare e verificare periodicamente l’efficacia dei programmi e degli interventi, al coinvolgimento reale della famiglia in tutte le fasi dell’intervento.

Il diritto all’informazione e al coinvolgimento prevede che la famiglia sia messa nella condizione di partecipare il più possibile alla programmazione delle attività (diritto di scelta), che conosca e approvi il programma e, più in generale, che condivida le mete educative, gli obiettivi, i tempi e le modalità di verifiche, eccetera. Ma non basta.

La consapevolezza del ruolo principale svolto dalla famiglia nel promuovere la crescita cognitiva, affettiva e comportamentale della persona con disabilità in carico deve indurre ogni Struttura Associativa a includere nei programmi di assistenza riabilitativa e socio-educativa anche interventi diretti e indiretti sulle famiglie, che diventano così, nello stesso tempo, destinatari di aiuto e co-attori responsabili del processo di recupero e crescita del loro congiunto. Il lavoro con le famiglie deve essere dunque sviluppato su due versanti di base:

  • Obbligo di instaurare un rapporto costante e produttivo con la famiglia, basato su una chiara informazione, sulla disponibilità all’ascolto ed all’aiuto
  • Programmazione di colloqui con responsabili sanitari e sociosanitari della Struttura  che diano al rapporto sicurezza e fiducia; vanno preventivamente conosciute le convinzioni e gli atteggiamenti educativi dei genitori affinché acquisiscano alcuni apprendimenti tecnico-pratici sul come continuare a seguire i figli.